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Il sogno della spallata a Meloni, ma l’unica strategia della sinistra è il governo tecnico

Dal sito https://huffingtonpost.it del 03.07.2023 – clicca QUI per l’articolo originale di Gianfranco Rotondi

Una Santanchè dopo l’altra sui giornali, l’Europa più matrigna che mai, l’immigrazione incontrollabile, Mes e quant’altro possa tornare utile alla causa del collasso e del licenziamento di Giorgia. Ma resto ottimista

C’è una fantasia erotica che distrae la sinistra italiana dai suoi disastri elettorali: il fallimento del governo Meloni, il suo urto sugli scogli di un imprecisato collasso economico, con abiura europea, minaccia di commissariamento, inevitabile e invariabile governo tecnico (senza Mario Draghi, però, che notifica gli scongiuri). Qualche giornale è arrivato a mettere nero su bianco questo auspicio, altri covano lo scenario senza esplicitarlo.

Fa corona a tanto fervore l’incessante concerto di procure, servizi e redazioni legate al patto di sangue del ‘93: la via giudiziaria più violenta per abbattere la rappresentanza moderata. Funzionò alla perfezione col pentapartito, liquidato da tangentopoli, operazione così apertamente voluta dai poteri forti, che l’ultimo testimone del tempo, nonché il più coraggioso, Paolo Cirino Pomicino, ancora racconta di essere stato contattato per farne parte (e di aver pagato un conto salato per essersi negato).

Anche Silvio Berlusconi ha subìto lo stesso trattamento: a lui non si potevano attribuire ruberie o finanziamenti illeciti, indagando si rischiava solo di scoprire che, a ogni giro a palazzo Chigi, egli ne rinnovava a proprie spese l’arredamento, e lo lasciava in dono al governo a fine mandato. Su Berlusconi furono inventate le cose più improbabili, inclusi rapporti con la mafia e ispirazioni stragiste, oltre a scenari sessuali che invero non necessitavano di indagini complesse, visto che l’indagato amava parlarne con ampiezza, e forse aggiungendo anche qualche particolare non tanto veritiero.

Anche questo governo è nel mirino: Daniela Santanchè ne sa qualcosa, e sa pure di essere solo la prima della lista. Luigi Bisignani racconta che sarebbero ben quattrocento le personalità spiate a vario titolo, con l’obiettivo di scoperchiare altarini e vergogne private e pubbliche del nuovo potere meloniano. Non so se Bisignani racconti ciò che sa o ciò che pensa, e spero nella prima ipotesi, perché le informazioni possono essere ingannevoli, il suo fiutaccio mai.

Allacciamo le cinture di sicurezza, insomma: inizia il volo difficile del governo. E non potrebbe essere altrimenti: i risultati elettorali mostrano un allineamento perfetto dell’Italia che Pinuccio Tatarella definiva “del sessantacinque per cento degli italiani che non vogliono la sinistra al governo”; Berlusconi non riuscì mai a raccogliere tutto quel consenso potenziale, perché la sinistra democristiana riuscì a dividere il fronte moderato lavorando sulla personalità vulcanica ma divisiva del tycoon che aveva rotto il monopolio televisivo della Rai. 

Oggi l’Italia dei due terzi si compatta su Meloni, che sarà pure nata a destra, ma compatta i moderati e i democristiani come se avesse passato tutte le estati alla Camilluccia invece che ad animare Atreiu.

A questo scenario il Pd non sa cosa opporre: Elly Schlein è brava e forte, e ha capito di dover ricostruire una sinistra fatta come una sinistra, senza rincorrere suggestioni moderate, ma i suoi sponsor non hanno voglia di traversare il deserto, sono abituati al governo e lo rivogliono, subito.

Ecco perché in questa estate torna il sogno della spallata: una Santanchè dopo l’altra sui giornali, l’Europa più matrigna che mai, l’immigrazione incontrollabile, Mes e quant’altro possa tornare utile alla causa del collasso e del licenziamento di Giorgia. Rimango abbastanza ottimista: secondo me tutto ciò rimarrà nel repertorio delle fantasie dell’estate, stagione del resto appropriata per i sogni erotici.

La maggioranza di governo è solida, larga e visibilmente estensibile. Forza Italia supera il lutto elaborando nuove strategie, tra le quali non può esserci un ritorno ai governi tecnici col Pd, sul cui altare a suo tempo ha sacrificato il proprio consenso prima a favore della Lega e poi di FdI. Men che meno Meloni potrebbe mai accettare di essere aggredita da una congiura di palazzo, per poi prestare truppe parlamentari a pastrocchi politicamente corretti.

La Dc ruppe la solidarietà nazionale perché i sondaggi -anche allora esistevano- segnalavano il crollo del partito a causa del governo Andreotti-Berlinguer.  Meloni non ha nemmeno bisogno di sondaggi, ha testa e naso per conoscere l’esito di un suo governo col Pd: la scomparsa di Fratelli d’Italia. 

Ecco perché sono ottimista: presto i congiurati capiranno che la durata di questa legislatura coincide con questo governo. Un altro non c’è, con tanti saluti a Matteo Renzi che lo annuncia ma è il primo a non crederci. Ecco perché la sinistra farebbe bene a elaborare una strategia oltre il sogno del governo tecnico. Proprio l’esperienza di Giorgia Meloni dimostra che in fondo alla traversata del deserto può esserci quel ritorno al governo che il Pd ardentemente desidera.

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