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Da Saint-Vincent una ricetta per l’uomo e per l’ambiente

Non farò, ovviamente, una cronaca del convegno di Saint-Vincent “È tempo di transizione”, che si conclude proprio domani (oggi, domenica, per chi mi legge), organizzato da “La discussione”: di ciò giornalisti veri daranno conto in altra parte del quotidiano.

Ma non mi trattengo dal parlare – ancora mentre i lavori ed il dibattito, anche acceso, si sta tenendo mentre scrivo – delle suggestioni che mi sono derivate.

Si è parlato di ambiente: come già avevamo fatto lo scorso ottobre 2020, mettendo per la prima volta a confronto cultura cattolica, illuminata dal “Laudato si’” di Papa Francesco, con la cultura ambientalista e “verde”, tradizionalmente ritenuta patrimonio soltanto della sinistra. Un monopolio contestato proprio qui lo scorso anno, anche se chi lo faceva, timidamente stentava a parlare di “ambiente”, continuando a riferirsi al “creato”.

Da lì, comunque, è partito un percorso positivo, essendo da subito emerso come il tema della salvaguardia del pianeta fosse comune e potesse portare condivisione anche tra diverse ed opposte visioni della società. I tre giorni della Locride con la giornata su “ambiente e legalità” al Santuario della Madonna di Polsi dello scorso luglio e la convention di Assisi ai primi di ottobre, – fondativa dell’associazione culturale “Verde è popolare” – hanno rappresentato il prologo, la preparazione al confronto cui stiamo assistendo, che è più propriamente politico.

Nel senso nobile della parola, però: politico, non partitico, quindi, lontano dalle elezioni e da battaglie. Si è discusso sul futuro prossimo dell’uomo, muovendo da una appassionata apertura di Elena Ruo, che – col patrimonio di una grande storia imprenditoriale – vede nella transizione ecologica l’unica soluzione possibile per il futuro della nostra società e con una introduzione coltissima e stimolante di Antonino Giannone, cha ha delineato, in avvio dei lavori, alcuni temi poi valorizzati nel dibattito in corso.

Così, l’uomo è stato posto al centro del dibattito ecologico: non soltanto auspicando suoi comportamenti individuali e collettivi ispirati al rispetto dell’ambiente, ma finalizzati anche al rispetto di sé stesso, come umanità, col rigetto della “politica dello scarto” – rispetto, quindi, della vita umana in sé, con eguaglianza assoluta, senza pregiudizi e senza distinzione alcuna, fino all’ultimo alito di respiro – e immaginando un sistema che, pur nel riconoscimento del merito e della libera iniziativa, eviti l’irrimediabile inquinamento economico di oggi, con più della metà della ricchezza patrimoniale in mano all’uno per cento (1%!) degli uomini.

Con la coscienza che nel primo secolo dell’era elettronica si potrà avere un mutamento del nostro sistema di vita che, in altre epoca avrebbe richiesto qualche millennio, il confronto politico che si è tenuto (che si sta tenendo) a Saint-Vincent è stato (è) “inclusivamente” nobile.

Uso volutamente l’aggettivo, “nobile”, nella sua etimologia latina dal verbo noscĕre (o gnoscĕre), conoscere, unito all’avverbio “inclusivamente”, perché avverto un clima generale di volontà reciproca, tra comunicatori e ascoltatori, di indicare, con modestia da parte dei primi, una strada nuova, guardata con curiosità da parte dei secondi.

Una soluzione collettiva che, intanto, deve muovere da noi stessi: un nostro comportamento individuale virtuoso, diviene inutile se non è condiviso collettivamente.

Dove individuale non è limitato al singolo essere umano, ma a qualsiasi unità: famiglia, comune, provincia, regione, stato. Perché non si vince la battaglia ecologica se tutti non la condividono.

L’Europa potrà anche stabilire regole severissime nella tutela ambientale: e sono certo che lo farà. Magari con l’ondata politica attuale considererà pure la centralità dell’uomo, fino ad oggi, a livello comunitario, sacrificata all’economia.

Ma sarà tutto inutile se la Cina non prenderà finalmente coscienza del problema e, aprendo al resto del mondo, non condividerà le soluzioni con tutta l’umanità; non servirà a nulla se gli Stati Uniti –  come sembra accadere in questi giorni, nonostante il democratico Biden al potere – stanno aggiustando il bilancio, tagliando spese,  proprio in danno del clima e dell’ambiente. E così via.

Ma, soprattutto, se non prenderemo coscienza che le misure ecologiche dovranno essere estese anche ai paesi poveri, con aiuti reali.

Perché l’uomo bene o male ha preso coscienza della pandemia del Covid, capendo che non esisteva salvezza individuale, ma collettiva. Ma non vuole comprendere che, quando si parla di ambiente non si tratta di salvare la natura, ma la nostra stessa sopravvivenza: perché con le mutazioni che si prospettano è a rischio la sopravvivenza della nostra specie.

E la natura non ci penserebbe due volte a farci estinguere, nella consapevolezza che con la sparizione dell’homo sapiens, cesserebbero anche le principali cause di inquinamento.

Non è, quindi, più questione di destra e sinistra, ma occorre cogliere la sua centralità del problema perché vi sia, per l’appunto, una transizione e non un’estinzione.

Una strada qui a Saint-Vincent sembra essere stata indicata.

Per alcuni sarà troppo radicale, con sospetti di sinistra; per altri non credibile perché additata anche da conservatori per lo più di matrice cattolica.

Ma, riflettiamoci: il problema va risolto e non consente ideologie.

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