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Gianfranco Rotondi

Gianfranco Rotondi

Presidente

È stato Ministro senza portafoglio per l’attuazione del programma di governo del governo Berlusconi IV. È stato inoltre segretario nazionale della Democrazia Cristiana per le Autonomie, nominato dall’assemblea nazionale costituente nel giugno 2005.

Studente al Liceo Classico Pietro Colletta di Avellino, si iscrive nel 1975 nella Democrazia Cristiana e nel 1979 fonda il movimento Proposta ’80, vicino alle posizione di Gerardo Bianco e in antitesi alla leadership provinciale e nazionale di Ciriaco De Mita. Si laureò poi in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Salerno, e aderì, dopo la dissoluzione della Democrazia Cristiana, al Partito Popolare Italiano con il quale viene eletto deputato nel 1994 (risultando tra i pochi eletti della coalizione centrista Patto per l’Italia nei collegi uninominali). Divenne giornalista professionista nel 1997.

Nel 1995 nella querelle che divide il partito si schiera con Rocco Buttiglione a favore dell’alleanza con il centro-destra. Aderisce quindi ai Cristiani Democratici Uniti. Nel 1996 si candida alla Camera dei deputati nel collegio di Avellino: sostenuto dal centro-destra, ottiene il 40,8% dei voti e viene sconfitto dal rappresentante dell’Ulivo Antonio Maccanico. Alle elezioni regionali del 2000 in Lombardia Rotondi è candidato all’interno del listino del governatore lombardo Roberto Formigoni, dopo aver perso la candidatura a presidente della Campania per il centro-destra.[1]

Ritorna in Parlamento in seguito alle elezioni politiche del 2001, quando viene eletto nella quota uninominale per la coalizione della Casa delle Libertà, nel collegio di Rho (Lombardia), in quota CDU e successivamente UDC. Nel 2003 si sposa con Maria Grazia Spatola, farmacista, da cui avrà tre figlie: Mariangela, Daria e Federica[2]. Suo testimone di nozze è Silvio Berlusconi[3].

Nel 1997, alcuni politici di centro, come Giuseppe PizzaGiuseppe Alessi e Flaminio Piccoli, decidono di rifondare la Democrazia Cristiana (come Rinascita della Democrazia Cristiana), ma il Viminale impedisce alla formazione politica di partecipare alle elezioni, da ciò scaturirà poi una battaglia legale conclusasi solo alla fine del 2006: la sentenza finale stabilisce quindi che la DC poteva ricostituirsi anche col nome originale in quanto il partito storico della prima repubblica non era stato sciolto da un organo di partito ma dalla decisione presa per una serie di motivi dal segretario di allora Mino Martinazzoli. Nel 2005, però, si ebbe una scissione capeggiata da Angelo Sandri, che anche dopo la sentenza definitiva del 2006 si contende il nome e il famoso simbolo dello scudo crociato col partito di Pizza. Inoltre, a complicare il tutto, nel 2012 viene costituito un ulteriore movimento politico, capeggiato da Giovanni Angelo Fontana, con lo stesso nome, e che quindi si unisce nella contesa per questo e per il simbolo.

Già una sentenza del 2005 aveva concesso al movimento di Rotondi, la Democrazia Cristiana per le Autonomie, la denominazione del partito storico della prima repubblica che ha avuto però l’aggiunta dell’Autonomia per distinguerlo dal partito di Sandri, che nasceva in quel periodo. Si stabilì poi per il simbolo che il partito atto a usarlo era l’Unione dei Democratici Cristiani e di Centro, nel quale erano confluiti i Cristiani Democratici Uniti, di cui Rotondi era tesoriere e proprio perché lui ne chiese l’uso nel 1995, all’atto della costituzione dei CDU e fu ciò a ispirare la costituzione del partito di Piccoli, Pizza e Alessi.

Nel gennaio 2005, Rotondi abbandona l’UDC per dedicarsi alla costituzione di un nuovo partito di ispirazione cristiana e centrista che si rifacesse apertamente all’esperienza della storica Democrazia Cristiana. Così, a giugno 2005, dopo aver acquisito l’adesione di altri parlamentari fonda il nuovo partito della Democrazia Cristiana per le Autonomie, di cui diviene segretario politico e si allea con la CdL in occasione delle elezioni politiche del 2006.

Nel 2006 viene eletto senatore, candidato nelle liste di Forza Italia. Eletto in Lombardia, aderisce al gruppo DCA-PRI-MPA. Nelle elezioni politiche italiane del 2008 viene eletto nelle liste di coalizione del centro-destra di Silvio Berlusconi e nel 2009 entra con il suo partito nel Popolo della Libertà. Ha dichiarato di essere favorevole alla grazia per Bruno Contrada, ex dirigente del SISDE, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa[4].

Dal 2008 assume la carica di ministro senza portafoglio per l’attuazione del programma di governo nel Governo Berlusconi IV. Nel luglio del 2008 concede un’intervista al quotidiano nazionale La Stampa nella quale, riprendendo uno slogan delle Brigate Rosse, dichiara: «Colpire un pm per educarne altri cento»[5]. Di estrazione laica, annuncia un progetto di legge sulle unioni civili che tuteli i diritti delle persone omosessuali, noto con l’acronimo DiDoRe (Diritti e doveri di reciprocità dei conviventi), entrando in polemica conAvvenire, organo di stampa della CEI e con il settimanale cattolico Famiglia Cristiana.[6]

Il 29 aprile 2009, prima delle elezioni europee del 2009, dichiara: “Domani non andrò in Consiglio dei Ministri, per me comincia una lunga vacanza. Sono deluso ma tacerò per non disturbare la campagna elettorale del partito, alla cui fondazione ho contribuito e nel quale non mi è stato permesso di indicare un solo candidato. Naturalmente sosterrò il PdL e darò la preferenza a Silvio Berlusconi, ma solo in quanto mio testimone di nozze”[3].

Alle elezioni regionali in Piemonte del 2010 si candida al Consiglio regionale per “Alleanza di Centro-Democrazia Cristiana”, il movimento di Francesco Pionati a sostegno di Roberto Cota,[7] come capolista in provincia di Torino: con sole 172 preferenze non viene eletto,[8] non scatta neppure un seggio per il consiglio visto il pessimo risultato della lista (0,30% regionale).[9]

Il 29 giugno 2011 durante un’intervista a la Repubblica ha affermato: «Ai tempi d’oro mettevo da parte anche la metà di quel che guadagnavo, oggi dei 12.000 euro, tra indennità e portaborse, ne rimangono solo 4.000, considerando tutte le spese personali per dormire e mangiare a Roma» e lanciando una provocazione «propongo che il 2012 diventi l’anno del parlamentare a chilometro zero. A costo zero. Ridotto a vero proletario: dal prossimo 1º gennaio al successivo 31 dicembre lo lasciamo senza busta paga e senza uno straccio d’auto blu su cui salire e pavoneggiarsi».[10] Le sue affermazioni hanno suscitato indignazione.

Ha più volte dichiarato di essere favorevole al riconoscimento delle unioni omosessuali, in contrasto con la linea ufficiale del suo partito.[11][12]

Alle elezioni politiche del 2013 ottiene la rielezione alla Camera, in quanto candidato capolista del Popolo della Libertà nella circoscrizione Campania 1.[13]

Il 16 novembre 2013, con la sospensione delle attività del Popolo della Libertà, aderisce a Forza Italia.[14][15]

Il 27 giugno 2015 presenta a Roma Rivoluzione Cristiana, nuovo movimento politico con l’obiettivo di rappresentare i cattolici della Terza Repubblica.[16]

Il 19 ottobre 2017 Rotondi annuncia di essere diventato titolare del nome e del simbolo della Democrazia Cristiana e, dopo un incontro con Silvio BerlusconiLorenzo Cesa e Clemente Mastella, esprime la volontà di ripresentare alle imminenti elezioni politiche la DC, facendola organizzare a giovani e donne;[17] tale dichiarazione non ha però avuto seguito.

In vista delle elezioni politiche italiane del 2018 annuncia inizialmente di non volersi ricandidare in Parlamento;[18] tuttavia viene successivamente candidato da Forza Italia come capolista alla Camera nella circoscrizione Abruzzo,[19][20] ottenendo la rielezione a deputato.[21] La candidatura di Rotondi in Abruzzo è dovuta al fatto che possiede una casa di famiglia a Pineto (Teramo),[22] dove trascorre le vacanze estive.[23]

Il 7 luglio 2018 viene nominato, all’unanimità, presidente nazionale della federazione della nuova Democrazia Cristiana, riassemblamento di alcuni dei movimenti e partiti ispirati allo scudo crociato e alla tradizione democratico-cristiana;[24] il 13 luglio 2019 la Democrazia Cristiana cessa di essere un partito e diventa una fondazione, presieduta dallo stesso Rotondi.[25]

Alle regionali in Abruzzo del 10 febbraio 2019 Rotondi con la DC presenta una lista comune assieme a UDC e IdeA, a sostegno di Marco Marsilio: con il 2,88% la lista ottiene un seggio in Consiglio regionale.[26]

L’11 dicembre 2020 Rotondi fonda l’associazione Italia 2023, “un gruppo di esperti della società civile impegnato nell’analisi e nella soluzione di problemi complessi, specie in campo politico-economico.”[27] Il 15 gennaio 2021 al Senato, in seguito del ritiro dei ministri di IV dal Governo Conte II, il gruppo politico di maggioranza del MAIE assume nuova denominazione MAIE-Italia23.

In vista delle amministrative a Milano del 2021, Rotondi sceglie di separarsi dalla coalizione di centrodestra, appoggiando il sindaco uscente Beppe Sala, del centrosinistra, come già aveva fatto alle elezioni amministrative del 2016.[28] Nel luglio 2021, all’indomani della costituzione di Europa Verde, presenta insieme a Paola Balducci, la nuova associazione di ispirazione ambientalista “Verde è Popolare”[29].

All’attività politica ha associato quella di giornalista professionista[2]. Inizia giovanissimo fondando nel 1975 Il Corriere di Avellino e nel 1979 Proposta 80, organo di stampa dell’omonimo movimento politico, fondato da lui stesso in polemica interna con Ciriaco De Mita e vicino alla corrente di Gerardo Bianco.

Pubblica vari volumi dedicati alla vita politica e culturale dell’Irpinia: Trenta IrpiniTrenta ospiti, quindi Trentamila Irpini e infine Viva Sullo, omaggio a Fiorentino Sullo, suo punto di riferimento politico insieme a Gerardo BiancoLa Caporetto democristiana è amaramente dedicata a Mino Martinazzoli e a Ciriaco De Mita. Nel 1998 pubblica Testimone a difesa, con la prefazione di Francesco Cossiga, e nel 2004 Il caso Buttiglione. I dieci anni dei democristiani senza la DC.

Da marzo a luglio 1995 è stato condirettore politico del quotidiano Il Popolo, testata ufficiale del Partito Popolare Italiano, il più grosso erede della Democrazia Cristiana, scioltasi l’anno prima.

Dal 2016 è collaboratore di Huffington Post.[30]